Molpass Silent Show: l’originale creazione di Mamo Pozzoli
Articolo di Walter Lutzu – ZioGiorgio
All’interno del recente MIR abbiamo avuto l’occasione di assistere ad una esperienza insolita, emozionante e di particolare effetto. Si trattava di un vero e proprio Silent Show con il pubblico armato di cuffie che in una stanza completamente buia si godeva uno show di suoni e luci magicamente orchestrato dal Lighting Designer Mamo Pozzoli con fixture Ayrton e Minuit One, comprese le recenti novità Kyalami e Dice.
Si è trattato di uno spettacolo sensoriale a 360° in cui lo spettatore non era limitato ad una posizione frontale, ma poteva muoversi liberamente all’interno della scena con il suono sempre nelle orecchie, circondato da una fitta matrice di effetti provenienti dalle pareti e dal soffitto.
A pochi giorni dal termine della manifestazione, abbiamo raggiunto il Lighting Designer Mamo Pozzoli e Paolo Albani di Molpass per raccogliere alcune impressioni, feedback e retroscena di questa particolare installazione. Godetevi l’intervista.
ZioGiorgio.it: bentrovato Mamo, partiamo dal concept e quindi dalla scelta della traccia fino al suo sviluppo
Mamo Pozzoli: inquadriamo prima il contesto: stiamo parlando di un progetto pensato nell’ambito di una fiera di settore, sostanzialmente frequentata da addetti ai lavori, all’interno di una situazione caratterizzata da un gran dispiegamento di tecnologie e da un costante bombardamento sensoriale. Come pensare a un progetto originale, attraente e diverso da una classica demo di prodotto? Un Silent Show all’interno di una blackbox ci è sembrata una grande opportunità per offrire una fruibilità alternativa e al contempo valorizzare i prodotti in modo inusuale. Da subito ho proposto a Paolo Albani una direzione progettuale molto installativa, lavorando a 360* all’interno della scatola nera cercando di valorizzarne gli aspetti immersivi. Partendo dalla considerazione che, a differenza di una visione standard frontale, questa assenza di un punto di osservazione privilegiato non dovesse essere un limite, si sono aperti scenari interessanti su come posizionare, gestire e far percepire le sorgenti luminose provenienti dai quattro lati e dal tetto, in un gioco di geometrie speculari e puntamenti a pioggia. La suggestione concettuale di una “gabbia di luce” dalle geometrie rigorose ha rappresentato il punto fermo metodologico ed è risultata trainante sia nella gestazione del disegno che nella programmazione dello show.
Questi aspetti installativi sono stati enfatizzati dall’ascolto individuale in cuffia che ha rappresentato un vero innalzamento dell’asticella creativa. La gestione della colonna sonora è stata parte integrante del progetto e mi ci sono dedicato con particolare attenzione, costruendola in assoluta simbiosi con le luci. Ho selezionato innanzitutto una rosa di brani pescati dalla mia libreria che a un ascolto istintivo potessero visualizzare gli scenari luminosi che avevo in mente. Un esperimento interessante che mi ha portato ad esempio a escludere tracce molto conosciute ma senza particolari agganci visionari. Volevo un bpm omogeneo ma anche un crescendo emotivo, strutture semplici ma con sospensioni e esplosioni, poche voci e un substrato di ritmiche incisive. Alla fine sono atterrato a 124 bpm con una selezione inedita che ho destrutturato per restituire un flusso coerente. Te la voglio descrivere proprio perché quasi nessuno ha riconosciuto i singoli artisti: dopo un brevissimo estratto strumentale di Nine Inch Nails in forma di cameo/omaggio, la prima traccia è un flusso ambient-minimal (Poppy Acroyd, remix di Omori) che mi ha permesso di svelare e sviluppare il tema della gabbia ortogonale monocromatica attraverso un beat delicato ma costante. La transizione sul secondo brano permette di entrare nel mondo “endless” (tutte le macchine presenti ne erano dotate) e far comparire i primi colori e effetti.
Il pezzo è Cought in a Cloud degli Slowdive (fra l’altro appena visti live) che grazie alla struttura micro pulsante con inserti ritmici al punto giusto -più un gran drop centrale prima della reprise- mi ha permesso anche di sviluppare l’ingresso dei prodotti Minuit Une nel modo migliore, prima da soli poi miscelati col resto, operazione assai delicata visto il carattere particolare di questo special. Per il flusso finale ho scelto una cavalcata electro (Celestica dei Crystal Castle, un duo capace di entusiasmanti live) col classico incedere sporco e stratificato tipicamente noise che mi sembrava perfetto per sviluppare altri elementi visivi (foresta verticale, sagomature, effetti rgb, zapping) e chiudere il loop con la necessaria durezza.
La traccia così mixata dura solo 8 minuti ma credo sia stata un bell’esperimento di crescendo ritmico e concettuale totalmente al servizio della luce.
ZioGiorgio.it: puoi raccontarci la scelta del posizionamento delle varie fixture?
Mamo Pozzoli: non ho scelto direttamente i modelli ma come succede in questi casi per valutazioni commerciali Molpass e Ayrton ci hanno messo a disposizione una dotazione predefinita di 80 pezzi in 5 diverse tipologie più 12 special laser Minuit Une, e su queste bisognava costruire il progetto, come un domino. A livello di disegno la prima considerazione è stata: in una blackbox 8×6 alta 5, per scelta senza fronti privilegiati, con strutture a vista, come fare per evitare l’effetto caos claustrofobico e dare forma organica al tutto? La successiva considerazione in realtà decisiva ai fini del concept ha riguardato l’utilizzo di macchine così differenti tra loro: due tipologie di profile performanti (Rivale, Diablo), un potente ibrido (Cobra), un piccolo e velocissimo beam (Kyalami, peraltro una novità e quindi soggetto ad attenzione particolare). Bene, la scelta è ricaduta sul forzare ogni macchina ai propri limiti ottici e provare a portarle tutte -all’occorrenza- a un trattamento unificato quasi fossero un unica tipologia, molto spesso tracciante, a volte grafica, a volte flood. Può sembrare una forzatura ma in realtà esplorare un territorio di confine di un prodotto, uscire dalla confort zone delle specifiche tecniche, apre possibilità creative interessanti. Ad esempio ho spinto i profile verso l’ultra-narrow o i beam sul flare, oppure per poter esasperare il range di colori pastello o l’uso a blocchi saturi monocromatici ho dovuto prima uniformare al massimo il bianco generato da sorgenti di qualità differente. Già difficile su un palco, figurarsi in una piccola stanza, ma è stato un passo necessario per garantire unità visiva.
Riguardo la disposizione spaziale, non ho fatto altro che applicare l’approccio che adotto da tempo sui palchi: rigore concettuale, linee guida prospettiche, grandi blocchi mono tipologici, matrici con criteri matematici. Dico sempre che un disegno riuscito si capisce immediatamente dalla prima accensione in home: se già così si genera un look convincente, difficile sbagliare il resto. Qui il concetto è stato esasperato: la gabbia doveva nascere con un default geometrico di puntamenti nativi e con intrecci ortogonali che non andassero a impallarsi vicendevolmente. Quindi ho lavorato su sfalsamenti di posizionamento per garantire il massimo passaggio ai fasci di luce orizzontali, mentre ho trovato bellissima e fortemente installativa la foresta volumetrica di raggi verticali, molto materici così a pioggia tra le persone, poiché si potevano toccare e attraversare. Come espediente per dare più aria a questo look e più visibilità al prodotto, ho anche ribassato di un metro la matrice dei kyalami sul tetto, disponendoli in una configurazione apparentemente random tramite un piccolo groviglio di tubi verticali.
ZioGiorgio.it: la tendenza è sempre più verso la sorgente laser, cosa ne pensi?
Mamo Pozzoli: la considero appunto una tendenza, e come tale suscettibile ancora di valutazioni soggettive perché continuamente in miglioramento. Al momento credo rappresenti una buona possibilità da sfruttare selettivamente nel momento in cui si cerca grande potenza nella compattezza e grande collimazione nei colori saturi. Di contro, proprio per le caratteristiche fisiche dei sistemi ottici in questione, alcune finezze non si possono chiedere ancora a queste macchine. Ciononostante il piccolo Kyalami si è rivelato eccezionalmente ben concepito e performante e credo diventerà un must.
ZioGiorgio.it: una fase di programmazione ed esecuzione in collaborazione con un team di di alto livello! Vuoi raccontarci ruoli e workflow prima e durante il MIR?
Mamo Pozzoli: innanzitutto questo progetto nasce da un’idea di Paolo Albani, la cui professionalità e entusiasmo, unita alla competenza dello staff tecnico MOLPASS in particolare di Giacomo Gibertoni, è stata di grande supporto. Io ho sviluppato il concept con grande libertà creativa, costruendo il progetto seguendo le linee guida definite insieme ma arrivando a proporre una stesura dello show molto più articolata del previsto proprio perché lo volevo emotivamente trainato dalla silent tracklist. La peculiarità di questa forma di fruizione sonora così individuale, ma allo stesso tempo visivamente condivisa fianco a fianco col tuo vicino, ha giustificato le scelte spesso inusuali della programmazione luci vera e propria. La cuelist finale in realtà l’ho strutturata molto lineare, solo una quarantina di markers scanditi sempre e solo dalla metrica regolare dei bpm, a misure regolari senza special o fill vari, dritta come piace a me. E’ stata una scelta voluta per garantire un flow dritto e dinamicamente crescente, a differenza di una classica demo di prodotto che deve basarsi sugli spezzettamenti dei look.
Qui invece sono state le transizioni la vera chiave di svolta: volevo un flusso costante con tutte le macchine sempre attive, quindi la scommessa è stata articolare il breakdown sonoro attraverso i passaggi di stato delle varie macchine.
Alcuni look, tipo quelli della prima parte che svelavano la gabbia ortogonale, sembrano elementari ma nascondono insidie di cambi colore o gobos camuffati attraverso trick di sfuocature, zoom e preparazioni nascoste nelle pulsazioni di dimmer. Altre scene più complesse perché basate su dinamiche veloci in realtà sono state gestite col nostro usuale armamentario live, non senza difficoltà appunto data la scelta di non interrompere mai il flusso luminoso. La programmazione è stata effettuata su Ma3 da Angelo Dinella, che collaborando con me ormai da anni conosce perfettamente i miei “avvitamenti concettuali” che si traducono in richieste spesso sfidanti. Però sono anche in qualche modo la mia firma e ad entrambi piace tenere il livello sempre il più alto possibile. Per lo sviluppo architettonico del progetto e del modello 3d ho coinvolto come supporto Alberto Negri, con cui condivido non solo l’approccio metodologico ma anche la visione artistica della luce. Alberto e Angelo sono stati decisivi nel finalizzare concretamente il progetto anche onsite. Si, un bel team di specialisti e un bel mese di lavoro, diverso dal solito nelle intenzioni e spero nei risultati!
ZioGiorgio.it: Paolo, un modo originale per marcare la propria presenza al MIR…
Paolo Albani: quest’anno volevamo fare qualcosa di speciale, anche per celebrare un 2023 incredibilmente positivo, che di fatto ha confermato un ulteriore step di crescita di Molpass. Ayrton ci metteva a disposizione una buona quantità di fari ma purtroppo al MIR non è possibile fare musica all’interno della parte espositiva, e uno spettacolo in stile Francoforte era impossibile da presentare. Da qui, studiando bene il regolamento della fiera, nasce l’idea della musica in cuffia. Una ulteriore sfida era data dalla luce proveniente dall’esterno, essendo noi posizionati di fronte alle piscine che non sono mai oscurate, e da qui l’idea della black box.
Serviva qualcuno che dalla black box tirasse fuori qualcosa di speciale e quindi, conoscendo e apprezzando da sempre lo stile di Mamo, con il quale avevamo in progetto di voler far qualcosa insieme per il MIR legato al brand Minuite Une (Mamo è stato tra i primi in Italia ad aver usato Photon per un evento privato), abbiamo deciso di coinvolgerlo.
Mamo mi propone da subito lo spettacolo a 360°, e trova facilmente la porta aperta, primo perché sono un fan di quasi tutto ciò che è fuori dall’ordinario, poi perché nella mia mente questa idea era inconsciamente già passata ma non pensavo potesse essere percorribile. Conosco Mamo da tantissimi anni, personalmente siamo sempre andati d’accordo ma è la prima esperienza insieme su un progetto, e devo dire che ho scoperto quella cura nei dettagli con la quale mi ritrovo a pieno, e da subito mi son sentito in buone mani.